Sembra proprio che ricordarsi le regole di grammatica e sforzarsi di applicarle sia solo una perdita di tempo.
A quanto pare, le grammatiche tradizionali si limitano a descrivere le regole del cosiddetto italiano standard, che il linguista Luca Serianni in Prima lezione di grammatica identifica come “codificazione grammaticale della tradizione letteraria”. L’italiano standard però è usato da una percentuale molto bassa di parlanti in situazioni formali, quasi esclusivamente scritte, mentre la maggior parte delle persone colte e mediamente colte privilegia la varietà linguistica conosciuta come italiano neo-standard o italiano dell’uso medio, caratterizzata da fenomeni di ristrutturazione e ristandardizzazione.
Serianni introduce quindi l’idea di norma linguistica interiorizzata, cioè la norma che “è andata stratificandosi non tanto sulla base della propria esperienza di parlante, quanto sull’immagine di lingua che si è formata soprattutto negli anni di scuola” e sottolinea che “molto frequente è un atteggiamento iper-razionalistico, fondato sull’idea che la lingua sia un monolite nel quale si possa sempre tracciare il confine giusto-sbagliato sul fondamento di un’astratta immagine della norma, sottratta alla variabilità degli usi concreti”.
O addirittura, aggiungerei io, che la grammatica sia un retaggio di quando eravamo bambinetti delle elementari e tutto ci sembrava lineare, e il maestro infallibile.
Cercando su internet l'italiano neostandard ho trovato questo.
Secondo questa tesina, fanno parte del neostandard forme ormai consuete (lui o loro al posto di egli o essi), forme poco popolari ma considerate corrette (quant'altro al posto di eccetera) ma anche "il mancato accordo del verbo con soggetti posposti" (ad esempio: "ci vorrebbe dei politici più attenti alle esigenze del paese") che secondo me chiunque considera ancora un errore.
L'argomento mi affascina ma non mi convince. Sebbene sia consapevole che l'italiano corretto non sia altro che l'evoluzione del latino sbagliato.
A quanto pare, le grammatiche tradizionali si limitano a descrivere le regole del cosiddetto italiano standard, che il linguista Luca Serianni in Prima lezione di grammatica identifica come “codificazione grammaticale della tradizione letteraria”. L’italiano standard però è usato da una percentuale molto bassa di parlanti in situazioni formali, quasi esclusivamente scritte, mentre la maggior parte delle persone colte e mediamente colte privilegia la varietà linguistica conosciuta come italiano neo-standard o italiano dell’uso medio, caratterizzata da fenomeni di ristrutturazione e ristandardizzazione.
Serianni introduce quindi l’idea di norma linguistica interiorizzata, cioè la norma che “è andata stratificandosi non tanto sulla base della propria esperienza di parlante, quanto sull’immagine di lingua che si è formata soprattutto negli anni di scuola” e sottolinea che “molto frequente è un atteggiamento iper-razionalistico, fondato sull’idea che la lingua sia un monolite nel quale si possa sempre tracciare il confine giusto-sbagliato sul fondamento di un’astratta immagine della norma, sottratta alla variabilità degli usi concreti”.
O addirittura, aggiungerei io, che la grammatica sia un retaggio di quando eravamo bambinetti delle elementari e tutto ci sembrava lineare, e il maestro infallibile.
Cercando su internet l'italiano neostandard ho trovato questo.
Secondo questa tesina, fanno parte del neostandard forme ormai consuete (lui o loro al posto di egli o essi), forme poco popolari ma considerate corrette (quant'altro al posto di eccetera) ma anche "il mancato accordo del verbo con soggetti posposti" (ad esempio: "ci vorrebbe dei politici più attenti alle esigenze del paese") che secondo me chiunque considera ancora un errore.
L'argomento mi affascina ma non mi convince. Sebbene sia consapevole che l'italiano corretto non sia altro che l'evoluzione del latino sbagliato.