Sta finendo una estate molto calda, in cui il turismo è stata una attività molto praticata o almeno pensata e desiderata.
Molti hanno fatto le vacanze, altri hanno fatto affari lavorando, alcuni posti scoppiano letteralmente (assieme alla pazienza dei residenti), altri hanno avuto una stagione deludente e sperano miglioramenti futuri.
Se il turismo come risorsa primaria dell'Italia può essere un mantra per coprire l'assenza di programmazione e la perdita di saperi e tecnologie, fenomeni come le gigantesche navi da crociera che invadono piccoli paesi (1) (come Portovenere o le Cinque Terre) hanno fatto nascere movimenti critici.
Ecco qui tre buoni spunti sull'argomento.
Quando mi dicono che la Puglia, la mia regione, è "vocata" al turismo io mi metto a ridere. Ma, in realtà, mi viene da piangere. Certo è una regione bellissima, da visitare ed nei cui mari bagnarsi, ma è in corso una processo di concentrazione dei capitali e delle conoscenze (quelle che creano lavori economicamente "pesanti"), che vuole che i pugliesi si occupino esclusivamente di turismo per renderci ancora di più un piccolo Messico. A noi solo il turismo (ed i suoi magri stipendi per facchini, camerieri e lavapiatti), agli altri il terziario avanzato, i servizi alle imprese manifatturiere, la produzione di qualità (con il suo indotto enorme di lavori specialistici frutto di intenso studio in università all'avanguardia). A noi la periferia intellettualmente povera con il sole ed il mare, agli altri la ciccia, i capitali, le Università, il lavoro serio sempre più evoluto e distante dalla bassa manovalanza. A loro i redditi per venire a farsi le vacanze da noi, a noi la quota parte residua dei loro redditi, destinata - come insegna ogni buon manuale di economia - a diventare sempre più esigua in termini relativi ed assoluti. A loro il futuro, a noi il vuoto fatto di degrado e piccola criminalità con i resort per ricchi intorno, possibilmente protetti da guardie giurate e muri. Un piccolo Messico, appunto.
(Roberto Polidori)
Il secondo sono due articoli (il link è al secondo) del presidente del presidente dell'associazione degli alberghi diffusi. La qualifica dell'autore suggerisce già la soluzione proposta, ma l'analisi del fenomeno è puntuale e buona.
Infine una foto, che racconta molto della società occidentale dei nostri tempi, sulle crescenti e insopportabili disuguaglianze. Mylin IV copre letteralmente tutta Portofino, saturando il porto e la vista. Un po' di turismofobia potrebbe opportunamente orientarsi verso i proprietari di questi mostri del mare, con la carta di credito platinum con cui pagare i cospicui diritti di ancoraggio, piuttosto che sul turista "low-cost" o "di bassa qualità" o "mordi e fuggi" e il suo pranzo al sacco.
(1) Personalmente mi è insopportabile l'uso del termine "borgo" per differenziare un paese che può attirare i turisti da uno che non può.
Molti hanno fatto le vacanze, altri hanno fatto affari lavorando, alcuni posti scoppiano letteralmente (assieme alla pazienza dei residenti), altri hanno avuto una stagione deludente e sperano miglioramenti futuri.
Se il turismo come risorsa primaria dell'Italia può essere un mantra per coprire l'assenza di programmazione e la perdita di saperi e tecnologie, fenomeni come le gigantesche navi da crociera che invadono piccoli paesi (1) (come Portovenere o le Cinque Terre) hanno fatto nascere movimenti critici.
Ecco qui tre buoni spunti sull'argomento.
Quando mi dicono che la Puglia, la mia regione, è "vocata" al turismo io mi metto a ridere. Ma, in realtà, mi viene da piangere. Certo è una regione bellissima, da visitare ed nei cui mari bagnarsi, ma è in corso una processo di concentrazione dei capitali e delle conoscenze (quelle che creano lavori economicamente "pesanti"), che vuole che i pugliesi si occupino esclusivamente di turismo per renderci ancora di più un piccolo Messico. A noi solo il turismo (ed i suoi magri stipendi per facchini, camerieri e lavapiatti), agli altri il terziario avanzato, i servizi alle imprese manifatturiere, la produzione di qualità (con il suo indotto enorme di lavori specialistici frutto di intenso studio in università all'avanguardia). A noi la periferia intellettualmente povera con il sole ed il mare, agli altri la ciccia, i capitali, le Università, il lavoro serio sempre più evoluto e distante dalla bassa manovalanza. A loro i redditi per venire a farsi le vacanze da noi, a noi la quota parte residua dei loro redditi, destinata - come insegna ogni buon manuale di economia - a diventare sempre più esigua in termini relativi ed assoluti. A loro il futuro, a noi il vuoto fatto di degrado e piccola criminalità con i resort per ricchi intorno, possibilmente protetti da guardie giurate e muri. Un piccolo Messico, appunto.
(Roberto Polidori)
Il secondo sono due articoli (il link è al secondo) del presidente del presidente dell'associazione degli alberghi diffusi. La qualifica dell'autore suggerisce già la soluzione proposta, ma l'analisi del fenomeno è puntuale e buona.
Infine una foto, che racconta molto della società occidentale dei nostri tempi, sulle crescenti e insopportabili disuguaglianze. Mylin IV copre letteralmente tutta Portofino, saturando il porto e la vista. Un po' di turismofobia potrebbe opportunamente orientarsi verso i proprietari di questi mostri del mare, con la carta di credito platinum con cui pagare i cospicui diritti di ancoraggio, piuttosto che sul turista "low-cost" o "di bassa qualità" o "mordi e fuggi" e il suo pranzo al sacco.
(1) Personalmente mi è insopportabile l'uso del termine "borgo" per differenziare un paese che può attirare i turisti da uno che non può.