31 agosto 2007

coming out

Lo confesso: i lavavetri non mi danno molto fastidio e di solito mi faccio pulire il vetro senza fare storie.
Pur se nella via vita ho sempre votato, manifestato, agito (nei miei limiti) a favore di politiche che si prefiggono l'eliminazione delle disuguaglianze e della povertà, in attesa che questo obiettivo sia messo in pratica, aiuto qualche poveraccio a sopravvivere. Ho sentito parlare di racket e di minorenni, ma in genere quelli che vedo io sono dei quarantenni o cinquantenni dall'aria piuttosto disperata. Ho sentito dire che fa il lavavetri chi non ha voglia di lavorare, ma comunque non mi sembra una "attività" comoda: si patisce il caldo o il freddo a seconda della stagione, si respirano esalazioni velenose dagli scarichi, si è maltrattati da tutti.
Sono consapevole che il mio gesto potrebbe contribuire a rendere più conveniente l'accattonaggio rispetto a forme più dignitose di sopravvivenza, però allo stato attuale non mi sembra che ci sia questo pericolo: gli automobilisti li respingono a brutto muso, con un'animosità che sarebbe meglio destinare ad altri obiettivi.
La solidarietà ai lavavetri mi costa, al massimo, tre euro a settimana, cifra che per me è sostenibile.

Confesso che non mi aspettavo né che amministratori di sinistra (seguiti dai politici nazionali) ritenessero i lavavetri un grave problema sociale, né che la popolazione italiana (a parte, fortunatamente, qualche eccezione) si spaccasse tra le seguenti due posizioni: "non sopporto i lavavetri, arrestateli tutti e poi rimpatriateli" e "non sopporto i lavavetri, non dico di arrestarli, ma trovate qualche maniera presentabile di farli sparire dalla mia vista".
Mi sarei aspettato che tanto odio sociale, almeno da parte delle persone di sinistra, si riversasse, ad esempio, verso chi vive di rendita.
Chi vive di rendita è difficile che dia fastidio al semaforo, ed è anche difficile incontrarlo tout court, visto che magari si trova spesso in posti più ameni di quelli frequentati da chi lavora: su una barca o in un campo da golf o chissà dove. In compenso temo che mi costi molto più di 3 euro a settimana, dal momento che una parte del mio stipendio trattenuto come tasse sarà utilizzato per pagare gli interessi dei suoi titoli di stato.
Le rendite, come si sa, soltanto in Italia sono tassate al 12,5%. Uno dei punti più importanti del programma dell'ulivo era di elevare la tassazione al 20%, ma il governo sembra essersene dimenticato, troppo preso a pensare ai lavavetri.


Devo anche confessare che fino a qualche mese fa cercavo anch'io di scantonare il lavaggio e di risparmare così qualche centesimo.
Finché una sera, a mezzanotte passata, tornando dalla festa dei comunisti italiani a san paolo, ero fermo al lunghissimo semaforo vicino alle terme di caracalla, per capirsi quello in cui si arriva dal circo massimo, a sinistra si va a san giovanni, a destra verso la colombo e l'eur e diritto verso l'appia antica. Si è avvicinato un tizio probabilmente russo, sui quarant'anni portati male, intenzionato a pulire i fari (operazione per la cui dissuasione non funziona neanche la nota tecnica di azionare i tergicristalli). Ho manifestato il mio diniego in maniera molto vistosa e determinata e la sua reazione mi ha sorpreso: con un'espressione del viso molto depressa si è seduto sul marciapiede mettendosi la faccia tra le mani, rinunciando a cercare altri clienti (il rosso sarebbe durato per molto altro tempo). Allora mi sono chiesto cosa mangiava, dove dormiva, che vita aveva fatto e faceva. Come risultato, la sera dopo, ritornato alla festa, ho preparato dei soldi sperando che ci fosse. Naturalmente c'era, e quando dopo il suo servizio gli ho consegnato i soldi, abbiamo detto all'unisono "grazie".
Adesso non mi capita più di passare da quel semaforo a quell'ora, ma in giro per Roma ho notato altre persone come lui. Ad esempio su via casilina al semaforo vicino piazza lodi, di notte c'è un uomo che non ride mai, sui 50 anni, del subcontinente indiano, che chiede di lavare il vetro in maniera molto sommessa. Così sommessa che non ho mai visto nessun altro lasciarglieli lavare.

29 agosto 2007

albania

L'Albania non è mai stato un paese normale. Attualmente è sulla buona strada per diventarlo, ma non lo è ancora, ad esempio è uno dei pochi paesi al mondo dove George dabliu Bush può recarsi senza essere contestato e, anzi, può offrirsi tranquillamente al bagno di folla.
Del resto gli amici americani hanno costruito una grande base militare nato a sud di Durazzo, altra cosa come sistema di difesa rispetto ai bunker ormai in rovina di Enver Hoxha, che pure sembra abbiano contribuito a sventare tre raid anglo-americani subito dopo la seconda guerra mondiale.

E' un paese che per certe cose ricorda un po' la Calabria di quando ero piccolo, in cui ogni pezzo di terreno era buono per costruire un palazzo, un piano alla volta, ma lasciando già la predisposizione per il superiore, da costruirsi dopo, quando ci sarebbero stati altri soldi.

Si può vedere un palazzo nuovo di venti piani tutto di vetro e acciaio (probabilmente costruito da un investitore greco o italiano) che però ha il marciapiede davanti distrutto e pieno di buche perché la manutenzione spetterebbe all'amministrazione pubblica. Sull'amministrazione pubblica gli albanesi hanno messo una pietra sopra nel 1997, quando il presidente Berisha, amico di Berlusconi, aveva sostenuto il sistema delle piramidi finanziarie, con soldi in prestito che tornavano raddoppiati dopo pochi mesi. Naturalmente il sistema non poteva durare e molte persone si sono ritrovate in miseria.

L’amministrazione pubblica è una vittima dell’ansia di liberarsi del passato comunista, che certe volte non sa bene dove fermarsi. Ad esempio la figura di Enver Hoxha è totalmente bandita anche se è stato indiscutibilmente il capo della resistenza, di cui l’Albania va, giustamente, fiera, anche perché ottenuta unicamente attraverso le proprie forze, non c’è stata come da noi l’ambiguità di un esercito che distribuiva cioccolata nelle città che erano state appena liberate. Il museo etnografico ha aggiunto, come si usa, una sezione sui crimini del comunismo. In alcune foto ci si sorprende a vedere le stesse persone appena raffigurate come eroi nella sezione resistenza.

E' un paese che sembra aver dimenticato la produzione di beni.
L'impianto metallurgico di Elbasan, una volta fiore all’occhiello e costruito con l’aiuto cinese, impressionante se visto dalla strada per Tirana, è praticamente inattivo.
L'industria idroelettrica, tirata su nel nord del paese con la creazione di dighe che hanno formato laghi stretti come fiordi, buoni per l'industria turistica di domani, che una volta riusciva a produrre il 50% in più del fabbisogno del paese (e il resto veniva ceduto alla Jugoslavia), adesso non basta più, sebbene anche il consumo di energia elettrica deve essere sensibilmente aumentato. In estate a Skhoder la corrente manca ancora per tutto il pomeriggio e il suono e l’odore dei generatori a gasolio, di cui i locali sono forniti, si alzano nell'aria e caratterizzano la città.

Gli unici oggetti industriali made in Albania che si trovano in giro sono la birra e le tovagliette di carta dei ristoranti. Per il resto, merce italiana per l'alta qualità o turca per la bassa. Persino la frutta venduta nei mercati è facile che provenga dall’Italia.

Del resto la prima fonte di introiti per il paese sono di gran lunga le rimesse degli emigranti.
La seconda è il turismo: quello balneare è in crescita, arrivano in massa da Macedonia, Serbia e Kosovo (ma anche qualche pioniere dall’Italia) ad usufruire del mare a buon mercato. Purtroppo però i profitti del turismo, come del resto di ogni attività che richiede grossi investimenti iniziali, finiscono a investitori stranieri: italiani e greci per vicinanza, americani in virtù di una emigrazione di ritorno, con una comunità di albanesi-americani (di cui faceva parte anche John Belushi) che torna a fare affari nella patria di origine.

I servizi, in compenso, prosperano: di bar, ristoranti, taxi o minibus ce ne sono molti di più di quelli che si vedono all’estero in città di pari dimensione. I bar in particolare sono sempre pieni a tutte le ore del giorno. Un altro servizio molto sviluppato è l’organizzazione dei matrimoni, che in Albania è un affare particolarmente lungo e costoso. Gli autobus urbani invece sono rimasti quelli comprati di seconda mano all’estero, con i cartelli originali, così ad esempio per il centro di Tirana può passare il 4 con capolinea a corso Po.
Ma si trova fuori dalle città il servizio di gran lunga più diffuso di tutta l’Albania: l’autolavaggio. Gli albanesi amano la propria automobile, probabilmente per effetto dell’impossibilità di averne durante il comunismo. Buona parte delle mercedes di 20 e 30 anni fa sono finite qui. E’ anche opinione diffusa che per scarsa pratica gli albanesi non sappiano guidare. In realtà guidano come tutti gli altri, a parte ignorare la norma della prudenza nei sorpassi. L’albanese mal sopporta il traffico (che cresce inesorabilmente di anno in anno) e tende a sorpassare in qualsiasi punto. Come risultato, ci sono strade come la Fier – Gjirokaster o la Korça - Tirana che sono una successione continua di lapidi di automobilisti.

La categoria di investitori esteri più agguerrita è comunque quella delle religioni, che con la fine dell’ateismo di stato hanno trovato praterie da conquistare. In tutte le città, non importa la dimensione, è stata costruita una nuova moschea, probabilmente con finanziamento saudita. Nella remota Bajram Curri, dove il resto della città non è cambiato rispetto al tempo di Hoxha, l’effetto della moschea è particolarmente straniante.
In moschee importanti è possibile anche trovare studenti islamici che danno lezioni sulle incongruenze del cristianesimo ai visitatori.
La chiesa cattolica ha stanziato cifre inferiori dei sauditi e la sua longa manus si vede poco: qualche nuova chiesa nel nord, qualche statua di madre teresa (anche l’aeroporto internazionale di Tirana è stato veltronianamente intitolato a madre teresa), qualche prete italiano a evangelizzare nei villaggi di montagna.



In tutto questo gli albanesi, non più ingenui e esageratamente affettuosi come in passato, ma sempre speranzosi per il futuro, passeggiano o consumano al bar, sicuri che la loro vita non può che migliorare.


Foto:
1: Tirana, il mausoleo piramide di Enver Hoxha, utilmente riciclato per accogliere Bush.
2: Skhoder, statua del partigiano ignoto, scampata all'abbattimento, palazzo dell'epoca comunista, palazzo dell'epoca democratica.
3: Skhoder, minareti e campanili che sgomitano.

10 agosto 2007

partenze


Sarò via da oggi fino al 26 agosto. L'itinerario previsto è quello tratteggiato in rosso nella mappa.

L'Albania, per chi si ricorda il mondo prima del 1989, era un paese dove era praticamente impossibile entrare, e questo esercitava in molti, tra cui me, un fascino enorme. La Yugoslavia invece era il socialismo dal volto umano, e poi era il paese dei burek.
Alcuni posti li avevo già visti nel 1995, vado a vedere come sono cambiati. Allora c'erano ancora i bunker di Hoxha e le scritte "Enver" fatto con le pietre sui fianchi delle montagne. In mezzo c'è stato un disastro finanziario, una guerra civile, eppure chi comanda è sempre Berisha.

07 agosto 2007

Dagli all'impiegato

Sui giornali di ieri è uscita la clamorosa notizia dei sospetti sugli impiegati di Fiumicino che avrebbero bloccato il nastro trasportatore per lavorare di meno.
Chiunque sia atterrato una volta a Fiumicino conosce l'interminabile attesa per riavere i bagagli, che invece di norma negli aeroporti all'estero arrivano subito. Con questi articoli il lettore è indotto a pensare che la causa del disservizio siano i lavoratori. Del resto è abituato a leggere degli impiegati fannulloni da licenziare di Pietro Ichino, dei sindacati che proteggono i fannulloni di Montezemolo, del sindacato che vuole abolire lo scalone e non protegge i giovani. Repubblica in particolare usa anche la tattica "Poverini", cioè far dire all'uomo qualunque cose che non è bello scrivere come giornale: Corrado Beruti (e chi è ? E' uno che ha preso l'aereo per Kuala Lumpur,ci spiegano) dice "possibile che per la noncuranza di qualche impiegato con poca voglia di lavorare io ora debba riacquistare tutti i capi d'abbigliamento che mi serviranno per la vacanza in Malesia?".
Peccato però che i veri motivi del pessimo funzionamento della riconsegna bagagli siano quasi nascosti nell'indignato articolo: "le compagnie di handler non hanno a disposizione abbastanza manovali per far fronte all'ingente numero di valigie da caricare.[...]Il problema, però, è che il 40% di questi operatori sono assunti con contratti stagionali e non effettuano ore di lavoro extra".
Le quattro società che gestiscono i bagagli di Fiumicino risparmiano sul personale, facendo lavorare meno persone del necessario e facendo ricorso a lavoratori a termine e precari, a discapito della qualità del servizio.Naturalmente se esiste davvero qualcuno che blocca apposta il nastro trasportatore sicuramente è da sanzionare, ma i motivi per cui il servizio (i servizi) è pessimo non sono questi.

04 agosto 2007

bergman e antonioni

Per una strana coincidenza se ne sono andati lo stesso giorno o forse in giorni diversi ma a meno di 24 ore.
Ma si erano ritirati dal cinema da molti anni.
Di Bergman ricordo quando uscì Fanny e Alexander, la trasmissione in tv (spezzata in due giorni) subito dopo fu un evento, ma mi pare che non arrivai alla fine.
Di Antonioni ricordo quando da piccolo uscì "identificazione di una donna", di cui mi stupì molto sapere che il protagonista era Tomas Milian, di cui sarebbe uscito a breve "delitto al ristorante cinese". Finché non ho visto il film, da grande, ho sempre pensato che il commissario Giraldi fosse stato trapiantato in un film di Antonioni.
Quando uscì "al di la delle nuvole" lo andai a vedere al cinema, ma mi sembrò (e così a gran parte di pubblico e critica) che Antonioni non era più lui, anche se non stava bene dirlo.
Ma ho conosciuto veramente il loro cinema quando, a una ventina d'anni, mi sono fatto prendere da una specie di bulimia per il cinema d'autore. Guardavo i loro film in televisione, a orari assurdi oppure massacrati dalla pubblicità, su fuori orario di raitre o su retequattro. Zabriskie Point l'ho visto una domenica pomeriggio su telemontecarlo, nelle nebbie del segnale disturbato. Fecero anche il telegiornale a metà film. Raramente mi concedevo il lusso dell'azzurro scipioni di Agosti e delle monografie del castoro (poi le avrebbe ristampate l'unità, ma all'epoca erano piuttosto costose). Approfittai della breve ma proficua stagione di telepiù uno in chiaro, che per qualche mese trasmetteva 4 capolavori del cinema al giorno. In quelle condizioni precarie e per la giovane età, i due maestri dovettero sembrarmi ostici anche se di Bergman mi ricordo che apprezzai molto le commedie giocose, come "sorrisi di una notte d'estate" o "l'occhio del diavolo".

01 agosto 2007

storie di scorie (radioattive)

In questo monologo, Ulderico Pesce racconta la storia di Nicola, che ha lavorato tra le barre di uranio nel centro enea di Trisaia di Rotondella, poi ha respirato polveri di proiettili all'uranio come militare dell'esercito in Kossovo, lavorato come postino a Saluggia, in Piemonte, sempre a ridosso di un deposito di materiale nucleare e infine ha partecipato alla lotta nel 2003 contro il deposito unico di scorie di Scansano Jonico.
Ma durante lo spettacolo Pesce dice molte altre cose inquietanti.
Che a Trisaia di Rotondella, provincia di Matera, c'è un deposito di materiali radioattivi provenienti dagli stati uniti dal 1968, i cui sarcofaghi obsoleti dovevano essere sostituiti dopo vent’anni, nel 1988, e uno di questi si è lesionato con fuoriuscita di liquido radioattivo nel 1994.
Che dal centro enea di Trisaia parte un tubo di 4 km che arriva in mare, che è stato ritenuto contaminato da materiale radioattivo anche da una sentenza della magistratura.
Che a Saluggia ci sono 20 tonnellate di materiali radioattivi liquidi a breve distanza dalla Dora Baltea.
Che i materiali radioattivi che sono in Italia provengono in gran parte dagli Stati Uniti. Quelli delle centrali italiane si sospetta siano finiti in Somalia: su questo stavano indagando Ilaria Alpi e Milan Hrovatin quando sono stati uccisi.
Che al centro enea della Casaccia, vicino Roma, oltre a materiale radioattivo, c'è una piccola centrale nucleare in funzione per motivi di ricerca.
Che le barre d'uranio esauste alla fine del ciclo producono 250 materiali radioattivi, che restano tali per 150.000 anni. Quello più pesante, il plutonio, è un componente delle armi atomiche, mentre con l'uranio rimanente (detto impoverito) si fabbricano i proiettili usati in tutte le ultime guerre “umanitarie”. Che centinaia di militari nelle missioni di pace si sono ammalati per avere respirato polvere di uranio, che vicino ai vari poligoni di tiro sparsi per l'italia le patologie causate dalla radioattività sono 5 volte più diffuse.
Che l’insensata costruzione di un deposito unico del materiale radioattivo presente in Italia è ancora prevista entro il 2008 dalla legge in vigore.

Alla fine dei suoi spettacoli Pesce invita il pubblico a firmare una petizione (anche sul sito www.uldericopesce.com).
La petizione sulla sepoltura dell’anarchico Passannante ha già avuto esito positivo, anche se in quel caso si trattava di una minima richiesta di umanità. In questa petizione si parte dalla rimozione del tubo radioattivo e si arriva ad richieste più ambiziose. Tra cui anche quella di informazione e trasparenza sull’argomento, che mancano del tutto.