13 agosto 2008

san lorenzo



Questo aspira ad essere un post di utilità. Certe volte penso che sia uno spreco scrivere di attualità o di politica, quando ci sono moltissimi che lo fanno, e meglio, mentre chiunque possiede una grande quantità di informazioni o, quanto meno, opinioni che sono inedite su internet. Oppure non si trovano, che è lo stesso.
Ad esempio io posso dare un po' di dritte sul quartiere di San Lorenzo, dove ho vissuto per quasi vent'anni e ho lasciato l'anno scorso per inadeguatezze strutturali della casa e divergenze (affinità nessuna) con il compagno padrone di casa.
Il passaggio da quartiere operaio a sede della movida della città è classico: "al termine degli anni settanta in cui [...] si concentrò un numero di sedi politiche extraparlamentari senza paragoni. Quasi 40 tra collettivi, comitati, redazioni, librerie e cooperative. Ma sappiamo come sono andate le cose nel decennio successivo, il riflusso guidato dai craxiani portò troppi ex operai a cimentarsi come bottegai del divertimento nel futuro luna park notturno."
Questo è Marco Philopat e parla della darsena a Milano, ma calza perfettamente anche a San Lorenzo.
In un libro che ho letto che parlava principalmente del bombardamento, leggevo che una frase comune dei suoi abitanti da cento anni è che San Lorenzo non è più quello di una volta. Una volta letto questo, mi sono sforzato di non pensarlo più, ma in effetti, dei miei tre vicini di pianerottolo, tutti anziani, due coppie sono morte e la donna del terzo appartamento è paralizzata, nel mio palazzo sono cambiati quasi tutti gli inquilini, i negozi del mio palazzo sono tutti cambiati, e in tutto il quartiere non ricordo più di cinque negozi superstiti. Al posto del tornitore una copisteria, al posto del calzolaio una creperia. L'unico cinema, parrocchiale con le sedie di legno e delle sedie isolate in galleria per sfuggire alla molesta chiacchera ad alta voce, è diventato un normale cinema di prima visione. Quello che resiste di più è proprio la politica. Radio Onda Rossa o la libreria anarchica Anomalia sono sempre lì.
Ma non era mio obiettivo fare un lamentato ricordo del quartiere che fu, ma piuttosto dare indicazioni, strettamente personali, su cosa è buono e cosa no.
Perché se vedete una lavagnetta con la scritta "aperitivo 7 euro fino alle 21, 9 euro dopo" (vera!) capite da soli che non dovete entrare. Ma in casi meno palesi, qualche dritta può servire.
Pizzerie: la migliore è indubbiamente formula uno a via dei reti. E’ piuttosto chiassosa, magari c’è fila, il vino della casa è da evitare, ma la pizza è più buona. E poi i camerieri sono gli stessi da vent’anni, segno che il padrone non è uno sfruttatore. In alternativa qualche volta andavo dal maratoneta a via dei sardi. La domenica, quando quasi tutte le pizzerie sono chiuse, per qualche tempo sono andato alle maschere, via degli umbri, ma successivamente ho pensato che era meglio aspettare il lunedì.
Come trattoria, senz’altro la migliore è pommidoro, piazza dei sanniti. E’ cara, è segnalata sulle guide quindi ci sono più turisti stranieri di quanti ne servano, però è ottima. La trattoria esiste da decine di anni, il primo pommidoro era il nonno di Aldo, l’attuale proprietario, mentre il padre era “pommidoretto”. E’ anche il locale dove Pasolini ha mangiato la sera che è stato ucciso. Sembra che quella sera abbia detto ad Aldo “devi andare via dall’Italia, è un paese orribile”. Aldo pare abbia risposto:"a Pierpa', ma 'ndo vado?"
A parte quello c’è colli emiliani a via tiburtina, economica e affascinante perché completamente fuori moda (guardare all’interno per credere).
A via dei sabelli quasi verso le mura c’è una trattoria ma è più bella a vedersi che a mangiarci.
Birrerie e pub, onestamente non li ho mai frequentati molto, bevendo a casa potevo spendere un quarto potendo scegliere musica, volume e avventori.
In ogni caso al sally brown a via degli etruschi c’è la possibilità di bere una birra con il Sigaro o il Picchio della banda bassotti. Al rive gauche fanno una buona ma esosa birra fatta in casa.
Scimeca a via dei sabelli è un mio amico. E’ di quelli che fa da bar la mattina, self service a pranzo, sala da tè il pomeriggio e pub la sera, infatti certe volte che è sorprendentemente chiuso probabilmente starà dormendo, distrutto dalla fatica.
Per i kebab, sono tutti recenti e secondo me tutti abbastanza mediocri, provate a scegliere quello più affollato, che magari smercia la carne più velocemente.
Come pizza al taglio suggerisco Natalino a piazza degli equi o ciccio pizza a via tiburtina.
Il fornaio all’angolo tra via degli etruschi e via dei volsci è ancora buono, sebbene facesse un impressione migliore quando era gestito dai genitori e vendeva solo pochi tipi di pane.
Per fare colazione la mattina consiglio il bar a piazza dei sanniti, dove si può incontrare Sabina Guzzanti ma i cornetti sono caldi solo ogni tanto oppure il bar del prado (ex bar di Elena) a via dei sardi, dove si incontrano sempre (tavolo nell’angolo a destra) i tre vecchietti bevitori di stravecchio (ricordo della vecchia gestione) e i cornetti sono provvidenzialmente tenuti nello scaldatore. Però la barista cambia ogni mese (vedi sopra).

Come negozi, non è più lo stesso disfunzioni musicali, che vent’anni fa era il negozio di dischi più fornito di roma, poi ha cominciato a perdere colpi e adesso credo sia definitivamente in crisi con il peer to peer. Videobuco a via degli equi invece è in salute, noleggia dvd e ha una scelta notevole, anche orientata alla storia del cinema e al cinema d’autore.
Scorci pittoreschi segreti non ce ne sono molti, per quello è meglio andare a trastevere. C'è la finestra finta a via tiburtina (vicino ai laboratori di fisica), un angolo bello è quella stradina chiusa dove c’è la fabbrica said. Bei cortili interni ci sono a via degli ausoni (il primo da via tiburtina) oppure a via dei ramni 8 (sfruttatissimo dal cinema). La facolta di psicologia era una vecchia fabbrica, nel cortile esiste ancora la ciminiera. La palafitta di via dei reti, una volta scoperta, rientrerà sicuramente tra le brutture d’italia. L'antica posta a via dello scalo san lorenzo e il retro del pastificio cerere a via dei reti sono appena stati restaurati e sembrano troppo finti, ma è il tipo di pittoresco che ha molti estimatori in questo periodo.
Come attrazioni da guida verde del touring club ci sono la basilica di San Lorenzo e forse il Verano, che però non è valorizzato come pere lachaise con la mappa, quindi è difficile trovarci qualcosa. Facile da trovare, appena dopo l'entrata a sinistra, è la famosa targa “quello che siete fummo, quello che siamo sarete” che divertiva Togliatti nelle passeggiate di riflessione quando l’Unità era a via dei taurini.
Mi sembra tutto. Per smentite, aggiunte o integrazioni, lasciate un commento.
Fotoistituto Luce del bombardamento umanitario anglo-americano del 19 luglio 1943, rispettivamente piazza dei sanniti e piazzale tiburtino.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

San Lorenzo, ci abito da circa una dozzina d’anni, anche se ultimamente ci sto molto poco… E l’ho vissuto poco, come quartiere, di giorno, ed abbastanza invece nelle ore serali, e nel circuito eno-gastronomico… Quindi mi permetto di fare delle integrazioni alla tua descrizione, peraltro molto puntuale, solo su quest’ultimo aspetto…
In senso orario, da casa mia, il giro inizia da Via dei Campani, con un ristorante etnico semiclandestino, forse camerunense, quasi a metà della via, luogo adatto a palati forti e poco schizzinosi, e continua alla fine della via (ad angolo con la piazza omonima) nella trattoria Da Marcello (riconoscibile solo per l’insegna PepsiCola molto vintage sulla porta, sempre molto affollata)… Da lì, si seguita per Via degli Equi, dove per un periodo ho frequentato il Pulcino Ballerino, più che altro per via della possibilità di mangiare cibi cotti in proprio (ed in comune, sul momento) sulla pietra ollare (chissà se si può ancora?)… Poi, evitando accuratamente qualsiasi locale seguente fino a piazza dei Sanniti, si può fare una puntata alla trattoria di Via dei Volsci (Ai Belli Capelli Biondi, la chiamavano, forse per via della chioma della proprietaria) più per l’arredo ed il colore locale, che per la cucina, povera e indigesta… A Via dei Falisci c’è il perfido Da Franco Al Piccolo Molise, che a dispetto del nome ormai ha inglobato tutta la via, andateci d’estate e vedrete, un tempo ci si poteva incontrare Luciano Violante, o perfino Balestrini, oggi è consigliabile solo in mancanza d’altro… Tornando indietro, a Via dei Sabelli, di fianco al Rive Gauche dove ho lasciato parte del mio patrimonio e trascorso piacevoli dopocena, c’era il mitico Il Dito e la Luna, ottimi risotti al nero di seppia, da tempo trasformatosi in anonima vineria international style, come del resto l’Enoteca Sferrazza (o Ferrazza?) sulla piazza del mercato… Fuggendo poi la confusione dei giovinastri sulla piazza ristrutturata davanti alla cattedrale(?) si sbuca in Via dei Reti, dove ci sono Il Maghetto, conduzione familiare, Cucina Ottima, Vini Finissimi come recita la lapide all’ingresso, ambiente ancora popolare, televisione sempre accesa e relativi commenti degli astanti (ricordo un vecchiaccio, a pranzo, durante i funerali di Wojtila: ‘Questo puro da morto rompe li cojoni’) e il TramTram, un tempo ottimo ristorante di cucina pugliese, ormai un po’ decaduto e piuttosto caro, ma da provare i calamari in guazzetto ed ottima la carta dei vini…
Poi si gira l’angolo, si passa davanti al bar dei rastafari locali, e se volete vi offro qualcosa da bere a casa mia…

PS: credo invece che Disfunzioni Musicali sia definitivamente chiuso, e da più di un anno, ormai…

conteoliver ha detto...

Allora siamo stati vicini di casa per anni. A saperlo prima...
Grazie per l'integrazione ottima.
La chiusura di Disfunzioni Musicali è la dimostrazione più efficace della crisi mortale del cd.

Anonimo ha detto...

Uhm, caro Conte Oliver, prendo nota (per trattorie e pizzerie, of course, che pub e birrerie non si addicono troppo alle mie usanze pantofolaie…). Anche perché mi sembrano un’ottima alternativa ai “soliti” locali di Trastevere, dove si mangia pure bene (ricordo un ottimo arrosto da Augusto), ma c’è sempre un’aria insopportabilmente finta-casereccia.
Ciao.

conteoliver ha detto...

Caro Primaticcio,
forse a chi viene da fuori Roma farei evitare questi quartieri un po' troppo di moda in quanto i posti migliori sono casualmente ben isolati e periferici (ma un post su questo verrebbe fuori troppo parziale). Ma passi spesso da Roma ? Comunque il finto-casereccio è una piaga diffusa in tutta la città (d'altra parte il casereccio vero ha spesso spiacevoli effetti collaterali).
Ciao

Anonimo ha detto...

Dear ConteOliver,
ahimé i 650 km che mi separano dalla Capitale non mi permettono di passare spesso come vorrei...
Mi incuriosiscono gli "effetti collaterali" del casereccio-vero, ma soprattutto mi incuriosiscono la pajata e la coda alla vaccinara, che purtroppo non sono riuscito ancora a mangiare. Però per quel che ne so di "Pommidoro", probabilmente quello potrebbe essere il posto giusto!

conteoliver ha detto...

La pajata specialmente è un esperienza da fare.
Gli effetti collaterali del casereccio vero possono andare dal vino spuntato al pane del giorno prima oltre naturalmente ai modi bruschi che sconfinano nella leggenda come nel caso seguente.
Ristoratore: "c'avemo spaghetti ar pomodoro, spaghetti cacio e pepe..."
Pausa.
Cliente: "e poi ?"
Ristoratore: "ho capito, nun c'hai fame. Torno più tardi quanno c'hai fame."