Le ultime elezioni amministrative sembravano indicare che gli elettori delle città avrebbero votato chiunque pur di andare contro Renzi e il suo PD: a Roma e Torino hanno votato il Movimento Cinque Stelle, a Napoli Gigino De Magistris, a Benevento Clemente Mastella, a Cascina di Pisa una leghista che ce l'ha con John Lennon e a Sesto Fiorentino, vivaddio, un sindaco di sinistra che si oppone a faraonici progetti di aeroporti e varianti di valico.
In leggera controtendenza due città dove l'avversario al ballottaggio era di destra: a Milano, il candidato Expo-renziano Sala la spunta per poche migliaia di voti e grazie al soccorso del candidato di sinistra Rizzo, in una città dove il vantaggio si aspettava molto maggiore, per meriti sia reali che virtuali e a Bologna, che il voto "tanto peggio tanto meglio" lo ha già sperimentato nel 2000, per punire un altro segretario presidente del consiglio del partito ex botteghe oscure.
Con questo scenario la possibilità di rottamare Renzi e la sua sgangherata riforma costituzionale con il referendum di ottobre è più che concreta, tanto che qualcuno comincia già a preoccuparsi del dopo: una alternativa di sinistra che oggi non c'è e la legge elettorale con cui si dovrebbe votare.
Infatti non è scontato che l'Italicum sia bocciato dalla corte costituzionale: sei giudici su quindici sono cambiati nel frattempo. La legge elettorale migliore, l'involontario proporzionale puro prodotto dai tagli della consulta al Porcellum, è in vigore per pochi altri giorni e sarà sostituito dall'inguardabile Italicum, che Renzi aveva progettato per vincere e ad oggi farebbe vincere il partito della Casaleggio Associati.
D'altra parte la sinistra ha raccolto l'ennesimo risultato modesto. Le differenti proposte delle città erano di comunque estemporanee, non radicate nella società e falcidiate da rivalità politiche di basso cabotaggio. Di fatto, la sinistra è ancora a ground zero, mentre l'astensionismo cresce senza sosta.
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