26 giugno 2014

Elezioni europee (e Renzi)

Dati alla mano, il dato più sorprendente delle elezioni europee è stato il successo del Pd e, inutile girarci intorno, quello personale di Renzi.
In tempi non sospetti avevo previstoreiteratamente, la rapida scomparsa politica del boy scout fiorentino. Preso atto di aver fallito completamente la previsione, provo a spiegarmi i motivi di questo irresistibile amore degli elettori.
Renzi ha acquisito popolarità contro obiettivi facili, come ad esempio i vecchi leader del suo partito. Ed è evidente la sua capacità di andare incontro alle pulsioni populiste, come quando nell'ambito della riforma della pubblica amministrazione ha annunciato in anteprima misure contro gli stipendi dei manager e i permessi sindacali.
Il modo in cui ha fatto fuori Letta poi, richiama quelle doti di scaltrezza, cinismo e mancanza di scrupoli, che tanto sono apprezzate in Italia e poco altrove.
Infine saranno piaciuti la sua comunicazione e i suoi modi accattivanti, persino il suo accento fiorentino: confrontatene l'effetto rispetto all'irpino di un De Mita, il romano strascicato di un Rutelli o il bergamasco di un Bossi.
Infine, si noti che il partito di Monti ha ottenuto quasi tre milioni di voti (quasi il 10 per cento) nel 2013, quando era presidente del consiglio, per poi crollare a meno di duecentomila e sotto l'un per cento un anno dopo. Evidentemente c'è un buon 10 per cento di elettori che, influenzato dalla buona propaganda di stampa e tv, è disposto a votare per il capo del governo in carica. Casualmente è circa la quota  in più che si ritrova Renzi.

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