27 marzo 2008

lotta di classe

Secondo una corrente di pensiero molto in voga oggi, in Italia la lotta di classe appartiene al 900 poiché "la società italiana [...] è fatta di milioni di persone gran parte delle quali ex operai diventati imprenditori che ora lavorano comunemente con i loro attuali dipendenti. E chi conosce la realtà, non l'ideologia, sa che il rapporto che c'è tra datori di lavoro e lavoratori nelle piccole imprese è un rapporto tra fratelli, una comunanza di destini assoluta, anche nelle condizioni materiali, spesso persino nel reddito."
Meno male! Vediamo cosa succede in un altro paese dell'unione europea.
Da Pitesti, Romania, arriva la notizia di uno sciopero a oltranza dei lavoratori della Dacia, mitica fabbrica di automobili dell'est europeo (una Trabant rumena, in pratica),dal '99 proprietà dalla Renault.
I lavoratori chiedono un aumento di stipendio del 60% oltre a bonus per il lavoro a natale e pasqua e sconti sull'acquisto di un'automobile. In cifre, un aumento di 550 lei (150 euro) rispetto al salario medio che ammonta a 1064 lei (283 euro). Le richieste partono dalla considerazione che le vendite della Logan sono salite del 62% e ammontano al 10% delle vendite totali della Renault.
La Renault ha finora risposto che gli stipendi sono già alti rispetto alla media del paese (anche se irrisori rispetto al costo della vita salito esponenzialmente dall'entrata nell'Unione Europea), senza contare i vantaggi già posseduti e rari in Romania come le vacanze pagate e un pasto gratuito a mensa e propone al massimo un aumento di 44 euro. E minaccia di delocalizzare. Ovviamente non in Romania, come normalmente si minaccia qui da noi, ma in Marocco, India o Russia.

Naturalmente gli stipendi e condizioni dei lavoratori sono diversi tra Romania e Italia. Però questa fratellanza e questa comunanza anche del reddito sono un quadretto fuori dalla realtà.
Perché, come diceva Adam Smith, l'interesse dei lavoratori è quello di avere un salario più alto, quello degli imprenditori è di darlo più basso possibile.


UPDATE 20/4/2008: i lavoratori di Pitesti hanno poi ottenuto, dopo tre settimane di sciopero, un aumento del 40%, arrivando a un salario medio di 380 euro al mese.

18 marzo 2008

Su Rutelli hanno ragione, chiunque siano


La candidatura di Rutelli a sindaco di Roma ci fa tornare indietro nel tempo. Però non al 1993, quando fu eletto sindaco per la prima volta, ma al 2006, ai tempi in cui il centro-sinistra si presentava unito alle elezioni. Sembrerebbe che la nascita del partito democratico con le sue primarie, la fine della lotta di classe e le candidature di figli di imprenditori non siano mai avvenute. I motivi di questa anomalia sono stati più o meno velatamente spiegati. La sinistra a Roma è molto forte, si può tranquillamente vincere la partita così, senza tentativi disperati come quelli preparati per le elezioni politiche.
Però Rutelli non è più quello del 1993 (per quanto molti non ne fossero convinti neanche allora, ad esempio io al primo turno votai per l'ottimo Renato Nicolini), tra genuflessioni ai papi, avversione alle unioni di fatto, revoca del patrocinio del comune al gay pride, appoggio alla corrente teo-dem e politiche guerrafondaie. L'incanutito ex golden boy di Pannella è passato senza troppi traumi nel corso della carriera politica dal partito radicale ai verdi fino al settore cattolico del partito democratico. La sua candidatura, anche per la modalità con cui è arrivata, tutta interna agli apparati di partito, ha lasciato perplessi.
E i suoi manifesti elettorali con tutti quei "più" sembrano quasi suggerire che Roma sia stata amministrata da altri negli ultimi quindici anni. E invece sulla poltrona di sindaco si sono avvicendati solo lui e il suo amico Veltroni, passandola all'altro al momento del tentativo di diventare premier.
E così qualcuno ha preparato manifestini da incollare sopra il faccione di Rutelli con su scritto "e mo' te sveji ?" (e ti svegli adesso ?). Non si sa bene chi è l'autore di questo sabotaggio, non è escluso che siano elementi di destra. La destra romana del resto ha diversificato i suoi metodi politici e ha abbinato agli abituali agguati e accoltellamenti gesti meno cruenti come l'impiccagione di manichini, il lancio di vernice rossa nella fontana di trevi e la distruzione di una cupola di vetro del grande fratello (quasi una risposta agli esiti dei processi sui fatti del g8 che hanno dimostrato che i danni alle cose sono puniti più severamente dei danni fisici alle persone).
Però, chiunque sia stato, un po' di ragione su Rutelli ce l'ha.
Resta un problema: se non Rutelli, per chi votare ? C'è il candidato dei movimenti Andrea Alzetta, detto Tarzan, dallo slogan geniale "Roma è una giungla, vota Tarzan" (c'è anche il meno entusiasmante "occupare le case è reato ? Ma Tarzan lo fa"). Oppure c'è Grillini, una persona stimabile, anche per mandare un messaggio al Vaticano, candidato però da un partito che altrove avrebbe candidato anche Mastella.
Grillini sogna di battere la minestra riscaldata di Alemanno e andare al secondo turno contro Rutelli.
Un ballottaggio tra Rutelli e un candidato di sinistra piacerebbe molto anche a noi.

11 marzo 2008

mala stampa

Mala stampa inizialmente era il titolo di questo post.
Però succede che quasi giornalmente vado sul sito di repubblica (ma ho provato anche corriere e ansa) solo per vedere se per caso non sia scoppiata una bomba o ci sia stato un incidente nella metropolitana e poi però una volta che sono lì ci resto. E vedo titoli tendenziosi, foto inappropriate, notizie che condizionano, pubblicità occulta, pubbliche denigrazioni. Notizie o titoli strillati che dopo qualche ora vengono rettificati e spariscono. Titoli in home page che non corrispondono al contenuto dell'articolo.
Non potevo non raccogliere tutte queste perle, ma non potevo neanche far diventare monografico questo blog.
Per questo è nato http://malastampa.blogspot.com

07 marzo 2008

il liberismo è di sinistra (almeno quanto Veltroni)

Mentre gli industriali ostentano contrarietà e micragna per il decreto del governo sulla sicurezza sul lavoro, Veltroni candida un feroce padroncino come capolista in Veneto, Ichino promette di cancellare l'articolo 18 e Giavazzi invita Veltroni a essere più coraggioso: cancellare tutto lo statuto dei lavoratori, in modo da ritornare indietro di cinquant'anni.
La strategia di Giavazzi non è nuova: cercare di evangelizzare alla sua sinistra, ché a destra trova già tutti d'accordo.
Per questo motivo ho recuperato e completato un post che avevo scritto sei mesi fa e mai pubblicato, come molti altri, perché non finito.


Libreria, ripiano politica. In realtà poteva essere scambiato per il settore umorismo. Vi si potevano trovare "falce e carrello", con nel risvolto di copertina la solenne frase "Bernardo Caprotti è l’imprenditore che ha portato all’eccellenza i supermercati in Italia" (1), un libro su Chavez, meglio, contro Chavez, che cerca spericolatamente di convincere che chi apprezza Chavez, per coerenza, dovrebbe apprezzare anche Mussolini, il fortunato "il liberismo è di sinistra", un libro di beppe grillo, il magdi allam di "viva israele" e il ben noto "la casta" di gianantonio stella, non disprezzabile e soprattutto utile per l'attenzione generata sull'opinione pubblica, ma piuttosto scandalistico e inferiore all'ottimo "i costi della democrazia" di Salvi e Villone, che con anni di anticipo aveva denunciato il problema.
"Il liberismo è di sinistra" era di sicuro il più esilarante, con una successione di capitoli scoppiettante: destra e sinistra confuse, la meritocrazia è di sinistra, liberalizzare i mercati è di sinistra, riformare il mercato del lavoro è di sinistra, ridurre la spesa pubblica è di sinistra, il capitalismo di stato non è di sinistra, qualcosa comicia a cambiare.
Ho quindi deciso di procurarmelo gratis, sfruttando una delle istituzioni che Alesina e Giavazzi sopprimerebbero volentieri, perché ostacolano il libero mercato, riducono la crescita del pil e fanno salire la spesa pubblica: le biblioteche pubbliche. Specifico, biblioteca penazzato, via dino penazzato 112, VI municipio, Roma, in modo che anche altri possono evitare di arricchire Alesina e Giavazzi con le royalty di questo libraccio, che tra l'altro è caro, 12 euro per 126 pagine scritte con carattere a corpo 16.
Il nemico da abbattere nel pamphlet è la cosiddetta sinistra massimalista (ma nel corso dell'opera sarà definita anche conservatrice, radicale, retriva) che difende le lobby o i gruppi di interesse consolidati "a scapito dei giovani, dei consumatori e dei contribuenti".
Questo è il concetto più forte e più sorprendente del libro: le persone si riducono a "consumatori"; è inopportuno, dicono, parlare di categorie, come insegnante, commerciante, pensionato. Noi tutti siamo consumatori e così la politica ci dovrebbe trattare.
Poi comincia l'attacco all'obiettivo immediato, le pensioni di anzianità.
Partono gli esempi fuorvianti, i paragoni, le cifre. Fuori dall'Italia, si citano come esempi positivi Gran Bretagna, Irlanda o Danimarca, mentre per denigrare si usano Turchia, Romania o Unione Sovietica. Alitalia e ferrovie vanno male, come spesso si sente, per colpa dei privilegi dei loro lavoratori e non per volontà politica o scelte manageriali sballate. E l'università di Lecce serve per dire che l'università dovrebbe essere pagata completamente dagli studenti, così che a chi non ha voglia di studiare convenga restare a casa, come in America dove ha studiato Alesina, ci tengono a far sapere. La scuola elementare keniana serve per dire che la meritocrazia fa persino alzare i voti di tutti gli scolari, bravi e meno bravi.
E una domanda incalzante: chi è più di sinistra ? La sinistra o chi fa come dicono Alesina e Giavazzi ?
Curioso l'atto di accusa nei confronti di imprese e sindacati, che si sono spesso accordati a scapito di, avete indovinato, i contribuenti. Ma i lavoratori farebbero meglio rinunciare spontaneamente ai loro "privilegi", perché in cambio otterrebbero vantaggi in quanto "contribuenti".
A pagina 66, nell'elogio della precarietà spunta a sorpresa una frase condivisibile:"l'idea che per incoraggiare le assunzioni si debbano rendere più facili i licenziamenti è davvero paradossale". L'arcano si spiega subito, è un virgolettato subito ridicolizzato dal duo con le consuete argomentazioni. La precarietà aiuta perché fa abbassare il tasso di disoccupazione e poi sono gli anziani che sfruttano i giovani. Se uno può licenziare assume anche, e così via.
E poi c'è il lavoratore che si dava malato per andare a giocare a calcetto, e il giudice lo ha reintegrato. E si elogia la danimarca che permette licenziare senza problemi e senza ricorso al giudice, ma con i fantastici ammortizzatori sociali.
A pagina 78 si sprofonda nel gossip: la figlia di un loro amico, in America, ha lasciato il fidanzato perché "non era mai fallito". Secondo il duo, negli Stati Uniti fallire è simbolo di amare il rischio. Chi ha paura di fallire in America non fa strada.
Poi si passa a una ricetta per "risolvere" i problemi economici dei precari : i precari in quanto precari hanno contributi più bassi ed essendo pagati poco non possono permettersi pensioni integrative: come faranno ad avere la pensione ? Risposta pronta: innalzamento dell'età pensionabile e immediato peggioramento dei requisiti per andare in pensione.
D'altra parte la disuguaglianza non è il vero nemico: il vero nemico è la povertà; se si abbatte la povertà allora la disuguaglianza può andare anche bene.
I ragionamenti si appoggiano su cifre buttate lì: ad esempio si dichiara che la vita media in italia è 85 anni (pag. 90) o che un dipendente pubblico che ha un contratto di 36 ore settimanali esce dall'ufficio alle 13.45 (pag. 86).
Il libro finisce con un elenco dei buoni (per la causa) politici: Mario Monti, Daniele Capezzone, Franco de Benedetti, Nicola Rossi, Bruno Tabacci, Pier Luigi Bersani e Linda Lanzillotta.
Subito dopo l'analogo elenco del buon giornalismo: gli articoli del fannullone Ichino (l'aggettivo è mio, i deferenti Alesina e Giavazzi non gli danno mai meno di professore e lo citano a profusione per tutto il libro), articoli sul corriere della sera (giornale di Giavazzi), inchieste del sole 24 ore (giornale di Alesina), inchieste di Report.


(1) Parlando dei maltrattamenti e poi dell'aggressione alla lavoratrice del supermercato di via papiniano a milano, il manifesto pochi giorni fa parafrasava appropriatamente "botte e carrello".

03 marzo 2008

io santo, tu beato

Chi vive a Milano deve sopportare un sindaco come Letizia Moratti, dopo aver sopportato sindaci leghisti o cognati di Craxi, e ha visto sparire la sinistra politica qualche anno prima del resto d'Italia. In compenso un milanese, se vuole, ha la possibilità di vedere per tutto il mese "io santo, tu beato".
E' uno spettacolo teatrale di Renato Sarti e Bebo Storti, nei panni rispettivamente di Pio XII e padre Pio, che arrivati nell'aldilà scoprono che i posti nel paradiso sono già occupati per l'affollamento causato da Woytila che, solo lui, ha fatto 482 santi e 1338 beati.
Seguirà una lite in cui i due, il papa parlando in latino maccheronico e l'altro in pugliese stretto, si rinfacceranno i misfatti della chiesa e poi reciprocamente quelli dell'altro.
Qualcuno ricorderà il precendente spettacolo "la nave fantasma", sul naufragio, il giorno di natale del 1996, di una nave di migranti al largo di Porto Palo, con 283 morti.
"Io santo, tu beato" era già andato in scena a Milano, con ottimo successo, e ha fatto incazzare "Libero" che ne ha scritto un articolo al veleno. Già questo sarebbe un ottimo motivo per vederlo, purtroppo però, incredibilmente, nella Roma papalina del 2008 nessun teatro lo ha accettato, per non contrariare il vaticano.
Se le cose non cambiano in futuro quindi, l'unico modo per vederlo sarà prendere il treno.