07 marzo 2008

il liberismo è di sinistra (almeno quanto Veltroni)

Mentre gli industriali ostentano contrarietà e micragna per il decreto del governo sulla sicurezza sul lavoro, Veltroni candida un feroce padroncino come capolista in Veneto, Ichino promette di cancellare l'articolo 18 e Giavazzi invita Veltroni a essere più coraggioso: cancellare tutto lo statuto dei lavoratori, in modo da ritornare indietro di cinquant'anni.
La strategia di Giavazzi non è nuova: cercare di evangelizzare alla sua sinistra, ché a destra trova già tutti d'accordo.
Per questo motivo ho recuperato e completato un post che avevo scritto sei mesi fa e mai pubblicato, come molti altri, perché non finito.


Libreria, ripiano politica. In realtà poteva essere scambiato per il settore umorismo. Vi si potevano trovare "falce e carrello", con nel risvolto di copertina la solenne frase "Bernardo Caprotti è l’imprenditore che ha portato all’eccellenza i supermercati in Italia" (1), un libro su Chavez, meglio, contro Chavez, che cerca spericolatamente di convincere che chi apprezza Chavez, per coerenza, dovrebbe apprezzare anche Mussolini, il fortunato "il liberismo è di sinistra", un libro di beppe grillo, il magdi allam di "viva israele" e il ben noto "la casta" di gianantonio stella, non disprezzabile e soprattutto utile per l'attenzione generata sull'opinione pubblica, ma piuttosto scandalistico e inferiore all'ottimo "i costi della democrazia" di Salvi e Villone, che con anni di anticipo aveva denunciato il problema.
"Il liberismo è di sinistra" era di sicuro il più esilarante, con una successione di capitoli scoppiettante: destra e sinistra confuse, la meritocrazia è di sinistra, liberalizzare i mercati è di sinistra, riformare il mercato del lavoro è di sinistra, ridurre la spesa pubblica è di sinistra, il capitalismo di stato non è di sinistra, qualcosa comicia a cambiare.
Ho quindi deciso di procurarmelo gratis, sfruttando una delle istituzioni che Alesina e Giavazzi sopprimerebbero volentieri, perché ostacolano il libero mercato, riducono la crescita del pil e fanno salire la spesa pubblica: le biblioteche pubbliche. Specifico, biblioteca penazzato, via dino penazzato 112, VI municipio, Roma, in modo che anche altri possono evitare di arricchire Alesina e Giavazzi con le royalty di questo libraccio, che tra l'altro è caro, 12 euro per 126 pagine scritte con carattere a corpo 16.
Il nemico da abbattere nel pamphlet è la cosiddetta sinistra massimalista (ma nel corso dell'opera sarà definita anche conservatrice, radicale, retriva) che difende le lobby o i gruppi di interesse consolidati "a scapito dei giovani, dei consumatori e dei contribuenti".
Questo è il concetto più forte e più sorprendente del libro: le persone si riducono a "consumatori"; è inopportuno, dicono, parlare di categorie, come insegnante, commerciante, pensionato. Noi tutti siamo consumatori e così la politica ci dovrebbe trattare.
Poi comincia l'attacco all'obiettivo immediato, le pensioni di anzianità.
Partono gli esempi fuorvianti, i paragoni, le cifre. Fuori dall'Italia, si citano come esempi positivi Gran Bretagna, Irlanda o Danimarca, mentre per denigrare si usano Turchia, Romania o Unione Sovietica. Alitalia e ferrovie vanno male, come spesso si sente, per colpa dei privilegi dei loro lavoratori e non per volontà politica o scelte manageriali sballate. E l'università di Lecce serve per dire che l'università dovrebbe essere pagata completamente dagli studenti, così che a chi non ha voglia di studiare convenga restare a casa, come in America dove ha studiato Alesina, ci tengono a far sapere. La scuola elementare keniana serve per dire che la meritocrazia fa persino alzare i voti di tutti gli scolari, bravi e meno bravi.
E una domanda incalzante: chi è più di sinistra ? La sinistra o chi fa come dicono Alesina e Giavazzi ?
Curioso l'atto di accusa nei confronti di imprese e sindacati, che si sono spesso accordati a scapito di, avete indovinato, i contribuenti. Ma i lavoratori farebbero meglio rinunciare spontaneamente ai loro "privilegi", perché in cambio otterrebbero vantaggi in quanto "contribuenti".
A pagina 66, nell'elogio della precarietà spunta a sorpresa una frase condivisibile:"l'idea che per incoraggiare le assunzioni si debbano rendere più facili i licenziamenti è davvero paradossale". L'arcano si spiega subito, è un virgolettato subito ridicolizzato dal duo con le consuete argomentazioni. La precarietà aiuta perché fa abbassare il tasso di disoccupazione e poi sono gli anziani che sfruttano i giovani. Se uno può licenziare assume anche, e così via.
E poi c'è il lavoratore che si dava malato per andare a giocare a calcetto, e il giudice lo ha reintegrato. E si elogia la danimarca che permette licenziare senza problemi e senza ricorso al giudice, ma con i fantastici ammortizzatori sociali.
A pagina 78 si sprofonda nel gossip: la figlia di un loro amico, in America, ha lasciato il fidanzato perché "non era mai fallito". Secondo il duo, negli Stati Uniti fallire è simbolo di amare il rischio. Chi ha paura di fallire in America non fa strada.
Poi si passa a una ricetta per "risolvere" i problemi economici dei precari : i precari in quanto precari hanno contributi più bassi ed essendo pagati poco non possono permettersi pensioni integrative: come faranno ad avere la pensione ? Risposta pronta: innalzamento dell'età pensionabile e immediato peggioramento dei requisiti per andare in pensione.
D'altra parte la disuguaglianza non è il vero nemico: il vero nemico è la povertà; se si abbatte la povertà allora la disuguaglianza può andare anche bene.
I ragionamenti si appoggiano su cifre buttate lì: ad esempio si dichiara che la vita media in italia è 85 anni (pag. 90) o che un dipendente pubblico che ha un contratto di 36 ore settimanali esce dall'ufficio alle 13.45 (pag. 86).
Il libro finisce con un elenco dei buoni (per la causa) politici: Mario Monti, Daniele Capezzone, Franco de Benedetti, Nicola Rossi, Bruno Tabacci, Pier Luigi Bersani e Linda Lanzillotta.
Subito dopo l'analogo elenco del buon giornalismo: gli articoli del fannullone Ichino (l'aggettivo è mio, i deferenti Alesina e Giavazzi non gli danno mai meno di professore e lo citano a profusione per tutto il libro), articoli sul corriere della sera (giornale di Giavazzi), inchieste del sole 24 ore (giornale di Alesina), inchieste di Report.


(1) Parlando dei maltrattamenti e poi dell'aggressione alla lavoratrice del supermercato di via papiniano a milano, il manifesto pochi giorni fa parafrasava appropriatamente "botte e carrello".

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