29 agosto 2007

albania

L'Albania non è mai stato un paese normale. Attualmente è sulla buona strada per diventarlo, ma non lo è ancora, ad esempio è uno dei pochi paesi al mondo dove George dabliu Bush può recarsi senza essere contestato e, anzi, può offrirsi tranquillamente al bagno di folla.
Del resto gli amici americani hanno costruito una grande base militare nato a sud di Durazzo, altra cosa come sistema di difesa rispetto ai bunker ormai in rovina di Enver Hoxha, che pure sembra abbiano contribuito a sventare tre raid anglo-americani subito dopo la seconda guerra mondiale.

E' un paese che per certe cose ricorda un po' la Calabria di quando ero piccolo, in cui ogni pezzo di terreno era buono per costruire un palazzo, un piano alla volta, ma lasciando già la predisposizione per il superiore, da costruirsi dopo, quando ci sarebbero stati altri soldi.

Si può vedere un palazzo nuovo di venti piani tutto di vetro e acciaio (probabilmente costruito da un investitore greco o italiano) che però ha il marciapiede davanti distrutto e pieno di buche perché la manutenzione spetterebbe all'amministrazione pubblica. Sull'amministrazione pubblica gli albanesi hanno messo una pietra sopra nel 1997, quando il presidente Berisha, amico di Berlusconi, aveva sostenuto il sistema delle piramidi finanziarie, con soldi in prestito che tornavano raddoppiati dopo pochi mesi. Naturalmente il sistema non poteva durare e molte persone si sono ritrovate in miseria.

L’amministrazione pubblica è una vittima dell’ansia di liberarsi del passato comunista, che certe volte non sa bene dove fermarsi. Ad esempio la figura di Enver Hoxha è totalmente bandita anche se è stato indiscutibilmente il capo della resistenza, di cui l’Albania va, giustamente, fiera, anche perché ottenuta unicamente attraverso le proprie forze, non c’è stata come da noi l’ambiguità di un esercito che distribuiva cioccolata nelle città che erano state appena liberate. Il museo etnografico ha aggiunto, come si usa, una sezione sui crimini del comunismo. In alcune foto ci si sorprende a vedere le stesse persone appena raffigurate come eroi nella sezione resistenza.

E' un paese che sembra aver dimenticato la produzione di beni.
L'impianto metallurgico di Elbasan, una volta fiore all’occhiello e costruito con l’aiuto cinese, impressionante se visto dalla strada per Tirana, è praticamente inattivo.
L'industria idroelettrica, tirata su nel nord del paese con la creazione di dighe che hanno formato laghi stretti come fiordi, buoni per l'industria turistica di domani, che una volta riusciva a produrre il 50% in più del fabbisogno del paese (e il resto veniva ceduto alla Jugoslavia), adesso non basta più, sebbene anche il consumo di energia elettrica deve essere sensibilmente aumentato. In estate a Skhoder la corrente manca ancora per tutto il pomeriggio e il suono e l’odore dei generatori a gasolio, di cui i locali sono forniti, si alzano nell'aria e caratterizzano la città.

Gli unici oggetti industriali made in Albania che si trovano in giro sono la birra e le tovagliette di carta dei ristoranti. Per il resto, merce italiana per l'alta qualità o turca per la bassa. Persino la frutta venduta nei mercati è facile che provenga dall’Italia.

Del resto la prima fonte di introiti per il paese sono di gran lunga le rimesse degli emigranti.
La seconda è il turismo: quello balneare è in crescita, arrivano in massa da Macedonia, Serbia e Kosovo (ma anche qualche pioniere dall’Italia) ad usufruire del mare a buon mercato. Purtroppo però i profitti del turismo, come del resto di ogni attività che richiede grossi investimenti iniziali, finiscono a investitori stranieri: italiani e greci per vicinanza, americani in virtù di una emigrazione di ritorno, con una comunità di albanesi-americani (di cui faceva parte anche John Belushi) che torna a fare affari nella patria di origine.

I servizi, in compenso, prosperano: di bar, ristoranti, taxi o minibus ce ne sono molti di più di quelli che si vedono all’estero in città di pari dimensione. I bar in particolare sono sempre pieni a tutte le ore del giorno. Un altro servizio molto sviluppato è l’organizzazione dei matrimoni, che in Albania è un affare particolarmente lungo e costoso. Gli autobus urbani invece sono rimasti quelli comprati di seconda mano all’estero, con i cartelli originali, così ad esempio per il centro di Tirana può passare il 4 con capolinea a corso Po.
Ma si trova fuori dalle città il servizio di gran lunga più diffuso di tutta l’Albania: l’autolavaggio. Gli albanesi amano la propria automobile, probabilmente per effetto dell’impossibilità di averne durante il comunismo. Buona parte delle mercedes di 20 e 30 anni fa sono finite qui. E’ anche opinione diffusa che per scarsa pratica gli albanesi non sappiano guidare. In realtà guidano come tutti gli altri, a parte ignorare la norma della prudenza nei sorpassi. L’albanese mal sopporta il traffico (che cresce inesorabilmente di anno in anno) e tende a sorpassare in qualsiasi punto. Come risultato, ci sono strade come la Fier – Gjirokaster o la Korça - Tirana che sono una successione continua di lapidi di automobilisti.

La categoria di investitori esteri più agguerrita è comunque quella delle religioni, che con la fine dell’ateismo di stato hanno trovato praterie da conquistare. In tutte le città, non importa la dimensione, è stata costruita una nuova moschea, probabilmente con finanziamento saudita. Nella remota Bajram Curri, dove il resto della città non è cambiato rispetto al tempo di Hoxha, l’effetto della moschea è particolarmente straniante.
In moschee importanti è possibile anche trovare studenti islamici che danno lezioni sulle incongruenze del cristianesimo ai visitatori.
La chiesa cattolica ha stanziato cifre inferiori dei sauditi e la sua longa manus si vede poco: qualche nuova chiesa nel nord, qualche statua di madre teresa (anche l’aeroporto internazionale di Tirana è stato veltronianamente intitolato a madre teresa), qualche prete italiano a evangelizzare nei villaggi di montagna.



In tutto questo gli albanesi, non più ingenui e esageratamente affettuosi come in passato, ma sempre speranzosi per il futuro, passeggiano o consumano al bar, sicuri che la loro vita non può che migliorare.


Foto:
1: Tirana, il mausoleo piramide di Enver Hoxha, utilmente riciclato per accogliere Bush.
2: Skhoder, statua del partigiano ignoto, scampata all'abbattimento, palazzo dell'epoca comunista, palazzo dell'epoca democratica.
3: Skhoder, minareti e campanili che sgomitano.

4 commenti:

meinong ha detto...

Bel reportage.
Tutte le prediche dei compagni dirigenti sono state frase scritte sull'acqua

meinong ha detto...

Sono Pensatoio

conteoliver ha detto...

1) Troppo buono.
2) Sicuramente
3) L'avevo capito
:)

Unknown ha detto...

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Cmq è bella la tua descrizione...