20 aprile 2013

una sorianata


Il campo da calcio del mio paese si trovava sopra l’abitato, in zona calvario.
D’estate era terra di conquista di bambini di tutte le età, grazie ai buchi della rete di recinzione.
Nel mezzo di un lungo pomeriggio sotto il sole battente, le due squadre avevano deciso di terminare una partita interminabile, il cui risultato era controverso ma secondo molti era 18 a 13.
Qualcuno propone di fare una seconda partita. Io accetto entusiasta, ma naturalmente non c’è acqua corrente nei dintorni del campo. I più grandi resistono senza bere, qualcuno propone di bere da una pozzanghera, io ho un’idea geniale: correre a bere in paese e tornare.
Nella strada in discesa mi sembra di volare. Arrivo alla fontanella, non di quelle con l’odioso bottone ma con la rotella, in cui non si deve spingere ma ci si può concentrare a bere. E l’acqua è tanta ed è fresca!
Torno indietro in fretta ma al piccolo trotto (stavolta è salita), ma già prima di arrivare urla concitate e un pallone che vola mi fanno capire che sono arrivato troppo tardi: la partita è già cominciata.
L’ultima speranza è contare i giocatori, se sono dispari forse mi faranno entrare. Li conto due volte e sono sempre 26.
Guardo per l’ultima volta la nuvola di polvere che alzano i ragazzi, do un calcio alla rete e vado a casa, tentando di bloccare le lacrime.

Nessun commento: